Entrato ormai nella leggenda meneghina, il jamaica é il capostipite dei molti locali breriani; qui é nato il quartiere come oggi lo conosciamo, così vivo ed eterogeneo, grazie agli artisti ed ai personaggi che lo hanno attraversato. Si potrebbe raccontare una singolare storia, dell’arte e della cultura, con quella che é stata, ed é tuttora, l’oasi di tutte le scapigliature milanesi. Il jamaica è soprattutto i suoi clienti, la gente che lo frequenta. Nomi famosi sono accanto a nomi meno famosi, perché Brera non è fatta solo di illustri pittori, di architetti e giornalisti alla moda; Brera è fatta anche di artigiani, di gente comune, e di allievi della vicina Accademia. Al jamaica c’é ancora un bicchiere di vino o un panino per i molti intellettuali e personaggi della Milano più viva che, in un modo o nell’altro continuano a circolare attorno a questo polo. E’ possibile mangiare qualcosa a tutte le ore, che sia un’insalata, un sandwich, un piatto di pasta, o un’improbabile focaccia di Recco, che altrimenti occorrerebbe andare prendere in Liguria, magari in nottata. Allo stesso modo, vi si possono trovare giocatori di scopa dalla parlata milanese, e nel tavolino affianco turisti. Passare la sera nell’ultimo tratto di Brera, quello proibito al traffico, é come andare a Sant-Germain dal lato dei caffè storici. Di Storico c’é il Jamaica.
Al piano superiore, il Ponte di Brera si propone come ambiente piccolo e riservato dove organizzare cene, banchetti,… La stessa cucina del Jamaica lavora per il servizio di cathering e banquetting.
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